Premessa: Questo non è in nessun modo di natura tecnica:oggi 10.10.10, vado sul sito di ubuntu (ore 11.45, per fare il fenomeno ci sarei dovuto andare alla 10.10 ) per cercare di scaricare la nuova ubuntu 10.10. Il sito però rimanda ancora al download della 10.04.1.Aggiornamento: ore 12.17, la 10.10 è disponibile sul sito.
Quanto segue è una critica severa ma onesta all’attuale modello di release delle distro GNU/Linux Mainstream, in particolare di quelle User Friendly. Se pensate che, così come è ora, sia perfetto, forse potete risparmiavi la fatica di leggere.
Onestamente trovo infantile cercare di fare marketing su une “evento” come una data numericamente curiosa (praticamente binaria). Non trovo opportuno il rilascio di prodotti sensibili come i SO secondo un calendario “stretto”. Se c’è una cosa che ci hanno insegnato i colleghi dei sistemi operativi proprietari è che i prodotti devono uscire quando sono pronti, non per questa o quell’altra data. Si badi bene che questo non riguarda esclusivamente ubuntu.
Inoltre trovo non solo inutile ma addirittura dannoso fare release semestrali; oltre a far uscire prodotti poco stabili da un segnale di scarsa stabilità all’utenza, abituata magari ai maggiori periodi di supporto del mondo proprietario (vedi Windows o MacOS); basti pensare al tempo di vita che ha avuto (con i vari upgrade) un sistema con Windows XP.
Queste release in continua successione, mette in crisi l’utente medio, che si trova immerso in processi di installazione un po’ macchinosi e qualche volta assai rischiosi per il funzionamento del computer, a release poco stabili e, qualora decidesse di non passare presto alle nuove release, alla perdita degli aggiornamenti. L’ingresso delle LTS in effetti ha attenuato questo problema, aumentando il ciclo di vita di una release installata, ma risulta difficile proporre agli utenti la vecchia LTS quando c’è già quella nuova.
Nei vari incontri relativi alla promozione del FOSS a cui mi è capitato di partecipare, è sempre stato visto, ma senza fornirne una motivazione veramente valida, le release vicine con un fatto migliorativo. Ma quando invece si lavora con il piano “pratico”, e si vedono gli utenti bloccati nei processi di aggiornamento release delle varie distro, a fare presto i confronti con i sistemi come XP e 7 (dove esserlo anche Vista, ma dato il disastro hanno dovuto tirarlo via molto prima del tempo), o con MacOS, ci si rende facilmente conto di come questa scelta non sia utilissima. Tale considerazione vale ancora di più quando si parla di distribuzioni “User Friendly”, dedicate quindi all’uso comune, e che di certo non necessitano della “last release” di ogni singolo pacchetto.
A pensarci bene, questa rincorsa all’ultima release di alcune distro, più che aggredire veramente il mercato dei OS proprietari, sembra più una lotta interna tra le varie distro GNU/Linux, e, come ho sempre detto, queste “gare” sono sicuramente inutili e nella maggior parte dei casi dannose.
Non a caso, molti utenti più smaliziati, se possono, con il passare del tempo e dell’esperienza, si buttano su distribuzioni con tempi di vita più lunghi (es Arch, inteso come release), Debian o Slack).
Inoltre questo comportamento mette anche a dura prova i team esterni che si occupano di sviluppi di software esterno alle distribuzioni, packager indipendenti, distro derivate (anche quelle utili come quelle dedicate a casi specifici), o qualsiasi altro tipo di sviluppatori legati in qualche modo a quella specifica distro.
Senza dimenticare che questa “corsa” (ormai la voglio vedere così), mette anche in difficoltà i team di promozione più piccoli o locali (vd. Lug e simili), che devono sempre rimettersi al pari con il materiale con queste versioni, avendo già gli armadi pieni di materiale considerabile obsoleto e non più distribuibile (se non hai fini collezionistici).
Ognuno la può pensare come vuole, ma per me sarebbe opportuno ripensare a questo tipo di approccio, fare dei passi indietro, e vedere cosa hanno fatto altri prima (a mio avviso non sbagliando): innovare non vuol dire buttare via quanto c’era di buono prima.