Premessa: questo articolo non è una critica alla pratica del trashware, ne tantomeno ai gruppi che la propongono. Io personalmente utilizzo attualmente alcuni computer da trashware. Questa vuole essere solo una riflessione su alcuni aspetti di questa pratica.
Prima di tutto è bene specificare cosa si intende con trashware (da wikipedia)
Il trashware (parola macedonia derivata dalla contrazione dei termini inglesi trash, spazzatura e hardware) è la pratica di recuperare vecchio hardware, mettendo insieme anche pezzi di computer diversi, rendendolo di nuovo funzionante ed utile.
Parte integrante del trashware è l’installazione di software libero, ad esempio il sistema operativoGNU/Linux, per portare avanti lo spirito di libertà dell’iniziativa.
Il materiale informatico così ottenuto viene consegnato o regalato a persone ed enti che ne abbiano bisogno, in particolar modo legandolo ad iniziative che tentano di colmare il divario digitale(digital divide), ossia la differenza di mezzi a disposizione tra chi è informaticamente alfabetizzato e chi ancora non lo è.
Da non confondersi ovviamente con il retrocomputing che ha altri scopi.
Per come l’ho visto fare io (o tramite LTSP o meno), si vanno ad utilizzare computer vecchi, altrimenti destinati all’immondizia, con sistemi operativi appositamente preparati (generalmente GNU/Linux). E’ possibile, a meno di casi veramente disperati, realizzare un computer che possa operare come piccola postazione di navigazione e di lavoro, sfruttando anche software mediamente aggiornati, sottoponibile però carichi di lavoro limitati.
Ciò è reso possibile dalle caratteristiche dei sistemi GNU/Linux quali la leggerenza, la flessibilità e l’estrema “malleabilità”; queste qualità hanno effettivamente fatto breccia nel pubblico più smailiziato che non di rado confondono i sistemi GNU/Linux come sistema operativo ideato esclusivamente per computer datati (cosa ovviamente falsa).
Se parliamo in termini “micro-economici” senza dubbio il guadagno è immediato, soprattutto in quelle condizioni in cui sarebbe impossibile, causa carenza fondi, rinnovare il “parco macchine”. Ad esempio questo tipologia è quella tipica di certe scuole, ma non solo; basti pensare ad esempio ai vecchi PC, presenti nelle case di molti italiani, non più utilizzati perchè non al passo con i nuovi sistemi proprietari.
La pratica del trashware è di per se ottimale anche solo per il fatto che permette il passaggio di computer datati per certe esigenze aziendali, dalle aziende costrette a fare un upgrade prestazionale, a strutture o enti (es. scuole) che non possono disporre di nessun tipo di hardware (e non sono casi così isolati).
Qualche dubbio invece rimane relativamente al risparmio sul “risparmio ambientale”. In primo luogo bisogno considerare che i computer datati in molti casi hanno pessime politiche di “risparmio energetico”, o addirittura non ne hanno; a parità di tempo di accensione si potrebbero verificare consumi maggiori, anche se ciò non corrisponde sempre a verità.
Questo riguarda anche i vecchi monitor CRT; sappiamo che i CRT consumano molto di più (da quanto ho visto, a parità di pollici, circa il 40% in più) dei nuovi LCD.
Inoltre, non è realistico dire che il trashware evita l’accumulo di “tecno immondizia”, in quanto è si vero che allunga la vita del vecchio hardware, ma è altrettanto vero che questo stesso hardware dovrà comunque essere buttato (evenienza inevitabile per buona parte della componentistica che fa parte di un computer).
Quindi, il trashware, più che impedire, rimanda solamente il momento in cui, ad esempio, il vecchio monitor debba essere necessariamente sostituito, avendo quindi il medesimo costo ambientale.
Bisogna considerare inoltre che se su un computer nuovo un “task” richiede tempo T medio, su un computer datato, in base all’età potrebbe richiedere 2T, 4T o magari anche 8T; questo in automatico si traduce in un tempo d’utilizzo del computer maggiore, e quindi un maggiore costo energetico.
Ribadisco che questo non vuol dire che questa pratica sia “sbagliata”, alla fine ci sono comunque dei benefici, ma molto probabilmente meno di quelli auspicati e presentati durante le conferenze di settore (es. LinuxDay).
Riassumendo, si può dire tranquillamente che il trashware abbia dei notevoli aspetti positivi, in particolare perchè ci pone davanti un modello più consapevole, più responsabile e meno consumistico/modaiolo della tecnologia, ed anche perchè in taluni casi ci permette di risparmiare del denaro allungando la vita dei nostri acquisti passati, ma sono assai dubbioso che questo abbia la declamata riduzione di impatto ambientale; se è vero che ci permette di non acquistare nuovo hardware ( cosa che ha comunque un impatto nell’economia dei prezzi/consumi ) non fa certo sparire il vecchio hardware, che comunque, prima o poi dovrà essere buttato. Inoltre, un uso massiccio di tecnologia “datata” può portare ad un maggiore consumo di energia elettrica.
Quindi, se proprio dovessi dare un parere, ben venga il trashware per i benefici etici/economici e pratici, ma se pensiamo all’impatto ambientale della tecnologia, il trashware è da considerarsi la proverbiale “pezza” (intesa come soluzione “temporanea”).
E scrivo questo utilizzando un vecchio computer recuperato dall’oblio che da tempo utilizzo come “muletto” al posto di quello più nuovo.