Slackware, è inevitabile…

September 25, 2010 | 4 Minute Read

Dopo un lungo periodo in cui mi sono diviso tra Fedora ed openSUSE, ho sentito che c’era una parte della mia indole nerd che non era soddisfatta; era troppo tempo che non leggevo un changelog del kernel, o che non ricompilavo a mano un pacchetto. Lo so che per molti questo può sembrare una perdita di tempo, ed in molti casi, lo è, ma a volte, oltre al fine didattico (impari veramente cosa gira sul tuo computer) e prestazionale (anche se l’ottimizzazione oggi è meno necessaria rispetto al passato) è quasi un bisogno per chi, per anni, ha utilizzato distribuzioni Linux altamente personalizzabili.

Sono cresciuto con Slackware, ed inevitabilmente, provo attrazione per quel tipo di organizzazione, per quel modo di fare le cose, ma più in particolare, per quella filosofia che c’è dietro.

Quindi, ieri sera, ho fatto la solita installazione in dialog, come di consueto velocissima, ho configurato i vari parametri, ricordando di rimettere grub al posto di lilo, e di aggiungere, così come era prima, l’avvio di Fedora). Appena é ripartito il compuer, ho subito ricompilato il kernel alla “last stable” (2.6.35.5) e, nonostante non sia più sui miei tempi record, complice anche un cambio di disposizione di alcuni elementi dall’ultimo kernel che avevo compilato (2.6.33), sono stato comunque abbastanza veloce. Ho configurato slapt-get ed i suoi mirror (ufficiale, slacky e gsb), scoprendo, con sorpresa che il progetto gsb (gnome-slackbuild) è ripartito ed è molto aggiornato. Una rapida sistemazione ai permessi del nuovo utente (ho adatto l’utente slackware a quello fedora e non il contrario per motivi di semplicità) ed il computer era già bello pronto con le impostazioni solite (dato che la home era stata precedentemente passata da Slack 13 a Fedora 13, ma senza essere condivisa come è ora). Per evitare confusione però, in caso di cartella home ed utente condiviso tra due sistemi differenti, è sempre meglio utilizzare cose differenti. Su Fedora tengo Gnome, decisamente meglio inserito nel contesto Fedora, così come su Slackware tengo KDE (che onestamente è più veloce e meno problematico di quello visto su Fedora).

La cosa impressionante per me è stata la senzazione di “tornare a casa”, e di come sia bello riprendere contatto con il “cuore” del sistema. Attenzione, non voglio dire che le distro “user friendly” non siano personalizzabili, solo che su Distro come Arch, Gentoo, Debian e Slack, la cosa è più “spontanea”. Non voglio dimostrare nessuna superiorità (anche se Slack Rulez :) ), o dire “questa e meglio di quella”, e neanche l’oramai consunto discorso sul fatto che le distro classiche siano migliori delle “user friendly”. Quello che voglio dire è che, per utenti con una certa esperienza, a volte, è bello tornare in un ambiente in cui l’utente fa ancora la differenza.

Facendo una analisi, bisogna riconoscere che Slackware non ha più l’inossidabile difficoltà d’utilizzo di una volta: in realtà, rifare il kernel non era necessario, su hardware vecchio come il mio (3 anni) girava tutto, e, mettendo il runlevel 4,  parte tutto in automatico con tanto di bella interfaccia KDE e di automount dei dispositivi mobili. Gli unici aspetti che, kernel a parte, possono essere difficoltosi ad un nuovo utente sono l’installazione e la configurazione slapt-get, la creazione degli utenti via terminale (la slack, di base, parte da terminale e speriamo che questa cosa non cambi mai) e la mancanza di Network Manager, una delle vere grandi carenze di questa distro (Wicd non è all’altezza).