Sorry guys, this post in Italian.
Voglio riportare un commento emblematico dell’attuale presidente del POuL, perché mi ha veramente ispirato. La discussione era sul perché e per come certa gente, arrivata al quarto anno di studio di Ingegneria Informatica, se ne venga a lezione senza portatile.
La discussione é divagata un po’, ma il commento è questo:
Ci sono due tipi di persone che frequentano ingegneria informatica: quelli con lo spirito hacker e quelli senza. Quelli senza spirito hacker si sono iscritti perché era una delle ingegnerie più gettonate, a dire di molti manco tanto difficile e con ottime opportunità di trovare lavoro. Quelli con lo spirito hacker quando si sono iscritti pensavano ad inseguire la passione che si portavano dietro dalla prepubescenza e sul cui altare hanno già sacrificato infinite notti. E non un’iperbole, è proprio così.
La delusione di cui parla Daniele, e che io ho pienamente condiviso, è constatare quanti pochi siano quelli con lo spirito hacker. Quando ne becchi uno te ne accorgi subito, è curioso, ha una sete di sapere sconfinata e ha da raccontarti qualche perversione che ha combinato recentemente. Se gli parli di qualcosa che non sa, ti ascolta e vuole capire. Se fai lo stesso con uno senza lo spirito hacker ti guarderà come dire “io di computer non è che me ne intenda più di tanto”, e tu di risposta lo guarderai come dire “e allora che cosa sei qui a fare?”.
Quelli con lo spirito hacker non è che hanno bisogno di un corso per imparare a programmare, sanno programmare per anamnesi da una vita precedente fin dalla nascita. Quelli senza invece, arrivano alla tesi e si rendono conto di non saper fare una sega.
Quelli con lo spirito hacker preferirebbero codarsi un sistema di CAS che fare l’esame di Analisi. Quelli senza, non hanno problemi a impararsi, uno alla volta, i vari tipi di esercizi che appariranno all’esame.
Quelli con lo spirito hacker hanno una capacità di problem solving nel loro ambito molto più sviluppata, perché fin da piccoli, quando la mente è più ricettiva, sono abituati ad avere a che fare con sistemi informatici, e sono per loro del tutto famigliari. E checché se ne dica non sono cose che si recuperano in un paio d’anni lavorando, perché la forma mentis che ti sei creato negli anni dello studio navigando senza una direzione precisa per il mare sconfinato dell’informatica, solo guidato dalla passione, non la ricrei in un mondo fatto di scadenze e che ti lascia sempre meno tempo libero.
Quelli con lo spirito hacker, se riescono a sopravvivere al Politecnico, hanno un valore sul mercato del lavoro ineguagliabile.
Quelli con lo spirito hacker, prima o poi, finiscono al POuL.
Astonishing.