Sebbene si parli di primavera parlando delle rivolte in egitto, per il momento l’unica cosa che mi viene in mente parlando di primavera è una pizza 4 stagioni comprata in una qualsiasi delle pizzerie egiziane qui attorno.
Cito da un articolo del corriere scritto da un giornalista appena tornato dall’egitto:
GLI ALTRI PRIGIONIERI- Tra loro c’è Muhammad, un bambino scalzo di 10 anni. Maglietta azzurro cielo sbiadita tutta bucherellata, pantaloncini corti strappati. Negli occhi il terrore di una storia che gli ha rubato per sempre l’innocenza. Nella notte fra sabato e domenica vengo svegliato da urla disumane che arrivano dai sotterranei. La mattina dopo alcuni detenuti mi raccontano che Muhammad è stato abusato sessualmente dai compagni di cella, sotto lo sguardo dei secondini, intervenuti solo a trattamento avvenuto.
E’ evidente che delle bestie si meritano delle bestie, è anche evidente che ergersi a portatori di luce in mondo di cui non abbiamo mai capito neanche il principi fondamentali è una mastodontica cazzata.
Dare il nome di primavera araba alle urla di un accrocchio semianalfabeta è come riconoscere fiori nel letame, giustamente come diceva de andrè, ma prima ancora che sia svanito il tanfo.
In una storia come quella raccontata dall’autore dell’articolo riesco addirittura a capire il significato del fondamentalismo islamico, della sharia e del taglione in un turbine di valori, principi, credenze, regole ferree e regole tacite, regole che l’uomo potrebbe addirittura arrivare ad autoinporsi quando sente di averne bisogno.
Un passo verso l’anti-islamismo, due passi verso il relativismo.