Oggi il fallimento dell’italia è percepito come l’uomo nero, il “pozzo senza fondo”, il dirupo in cui non cadere, il vaso di pandora da non scoperchiare, il mostro dei mostri, la fine del mondo, ecc… Forse non è sempre chiaro, forse spesso lo dimentichiamo o, meglio, forse non l’abbiamo mai saputo, ma l’Italia NON è il suo sistema economico.
E io vorrei che tale sistema fallisca.
Non nel modo in cui vorrebbe il comunismo, la “rivoluzione” dello status proletario-borghese,ma in un modo molto molto più pratico e tangibile, quello della crisi del ’29, quello dell’Argentina e di molti altri stati nella storia.
Lo desidero come desidero la giustizia, la verità e le opportunità.
Quando uno stato fallisce sappiamo bene cosa succede, tutti i risparmi spariscono, vengono semplicemente “resettati”, lo stato stampa moneta e l’inflazione galoppa.
Gli stipendi e le pensioni sono però agganciate all’inflazione, questo significa che lo stato stampa carta per pagare pensioni e pubblico impiego, che annualmente vengono aggiornati.
Nel dettaglio, questa visione, per versi semplicistica, porta molti altri problemi come l’azzeramento dell’importazione, il fallimento di molte aziende e il licenziamento di tantissimi lavoratori.
Detto ciò, non posso non afferamare che la mia generazione soffre l’egoismo degli ex-sessantottini e dei loro riuscitissimi figli neocapitalisti ritrovati, proprietari di case da rendita fissa e “imprenditori del nord” che abbassano i costi assumendo stagisti a rotazione per fare fotocopie, aziendone “di famiglia” che tagliano le assunzioni per fare utili “di famiglia” e che fanno girare i figli in ferrari a venti anni.
Eccoci, questo è quello che vedo con i miei occhi, adesso ditemi, se coraggio ne avete ancora, chi, tra me e loro, ha più paura del default?