Bisognerebbe sempre rispiegare che la festa della liberazione è la ricorrenza con la quale si -dovrebbe- festeggiare la liberazione dell’italia dal nazifascismo.
Nazi-fascismo.
I nazisti occupavano certamente l’italia da quando l’italia di mussolini si era arresa agli alleati, questo è un fatto.
Parimenti però bisognerebbe ricordare che il fascismo non era un’occupazione straniera e che anzi è stato voluto, avvallato e festeggiato in molti frangenti da una buona parte degli italiani, anche se molto spesso soprassediamo, Mussolini ha goduto di consenso popolare e solo successivamente è diventato dittatore. Questo dovrebbe farci riflettere, in questa occasione d’aprile, su quanto sia affidabile l’opinione del popolo.
La linea che demarca stabilità e dittatura è sempre stata molto sfocata, e molto larga. Un servizio di cronaca dell’epoca sfiorava dichiarazione mussoliniane su stabilità e sicurezza che rimandano eccezionalmente a slogan attualissimi, da far accapponare la pelle…è il caso di Giro Girolimoni.
Inioltre dal 22 ad almeno il 43 non si ha traccia di partigianeria o antifascismi rilevanti. Forse il termine “festa” e il termine “liberazione” dovrebbero ricordarci che la storia o la si dice tutta o è meglio non dirla. I “fascisti” non erano alieni venuti dallo spazio, tanto per dirla breve erano una parte degli italiani supportati dal silenzio-assenso anche della parte più colta e potente della società. Fa paura, ma deve essere sempre detto.
Il 25 aprile quindi per valutare la violenza, l’autodeterminazione, la vittoria e la sconfitta, le alleanze e le verità, consapevoli che non ci si può liberare da se stessi.
Forse la nostra generazione non è più figlia dei soli partigiani, forse da qualche anno è tornata ad essere figlia di una italia che ancora fa orecchie da mercante.